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La viabilità antica

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SAMBRUSON IN EPOCA PREROMANA E ROMANA - L'INTERVENTO ROMANO NELLA VENETIA

LA VIABILITÀ ANTICA

Molto importante per capire la posizione e il ruolo della zona che ci interessa è la ricostruzione del sistema viario. Infatti, proprio la realizzazione di reti viarie è stata uno dei metodi di penetrazione romana in luoghi lontani dalla Capitale e, pertanto, primo mezzo di romanizzazione. Il sistema viario romano si è installato, per lo più, su preesistenti vie che sono state sistemate e adattate alle esigenze del nuovo Stato. Inoltre la costruzione di queste vie è stata concepita come un vero e proprio sistema; pertanto la rete viaria è stata creata su tutto il territorio dello Stato romano, collegando anche centri che precedentemente non lo erano. La costruzione delle grandi strade romane non è fine a se stessa, ma risponde ad un vasto disegno di conquista e di dominio60.

Il territorio di Patavium era attraversato da varie strade61, le più importanti delle quali, per Sambruson, sono la via Popilia e la via Annia, che avevano continuato il tracciato della prima strada romana, quella di Lepido62, in territorio veneto.

Il legame di continuità tra le strade romane e le piste molto più antiche, in questo caso di età paleoveneta, potrebbe ben confermare un precoce intervento romano nella zona.

La via Popilia (tav. X), costruita probabilmente nel 132 a.C. dal console Publio Popilio Lenate, univa Ariminum, l'odierna Rimini, con Altino63; il primo era un importante centro portuale, il secondo un florido centro per i commerci con il Nord. Altre città erano attraversate dalla Popilia e, tra queste, le più conosciute erano Ravenna e Adria, entrambe zone portuali di grande importanza per il collegamento di Roma con il Nord Italia. In seguito fu costruita la strada cosiddetta "marittima", che si staccava da Adria e, dirigendosi verso Nord lungo la costa, passava non per Patavium ma per Sambruson, sempre diretta verso Aitino64.

La via Annia (tav. XI), costruita nel 153 a.C. per opera del console Tito Annio Lusco o nel 131 a.C. durante la pretura di Tito Annio Rufo65, quindi un anno dopo la Popilia e a prosecuzione di quest'ultima, collegava Adria con Aquileia66, importanti centri marittimi, passando per Padova, Aitino e lulia Concardia. Tutto questo può chiarire ancora meglio l'importanza di questo itinerario terrestre che, in appoggio alle rotte marittime e in collegamento con i maggiori centri dell'entroterra padano, si rivelava come uno dei punti fondamentali dell'intera politica condotta da Roma nelle terre dell'alto Adriatico. Infatti questa strada servì, in età romana, quale principale arteria di comunicazione tra la Venetia orientale e l'Italia centrale, collegando stabilmente Aquileia con Roma. Probabilmente nel realizzare il percorso di questa via si seguì l'antico tracciato della pista preromana, ingrandendolo e rendendolo più sicuro67.

Il percorso della via romana da Padova ad Aquileia è ricordato da tre Itinerari antichi, che riportano i percorsi stradali romani: L'Itinerarium Antonini68, L’Itinerario Burdigalense e la Tabula Peutingeriana7®, uno dei due esemplari rimasti di itineraria pietà, che da Ravenna ad Altino riporta le tappe di una strada che si snoda lungo l'arco costiero della laguna.

In conformità a queste fonti, si può ricostruire l'antico tracciato della via Annia da Padova71 ad Altino, il cui primo tratto è qui analizzato72. Tale via, come già accennato, quasi sicuramente ricalcava un antico tracciato paleoveneto, che i Romani resero più sicuro e ingrandirono. Il tracciato, all'incirca parallelo al corso del Meduacus Maior, usciva da Patavium per il Ponte Altinate in direzione Est, come documenta soprattutto l'estesa necropoli patavina compresa tra via Belzoni, via Ognissanti, via S. Eufemia e via S. Massimo73. La via poi proseguiva per la zona di Camin, dalla quale proviene la colonna miliare con l'indicazione della distanza da Patavium di tre miglia74. Nello scorso secolo fu rinvenuto qui vicino il pilone di un ponte75 attraverso il quale la via Annia doveva superare un corso d'acqua ormai scomparso, quasi certamente un ramo della rete idrografica del Meduacus76. Arrivata con un lungo rettilineo a Tombelle, la strada piegava verso Sarmazza, dove è stato rinvenuto un altro miliare con l'indicazione di sette miglia. L'Annia, che si teneva sulla destra del fiume Brenta77, passando a Sud dell'odierno paese di Stra, raggiungeva poi Sambruson lungo il tracciato oggi indicato dalla strada detta "via Sassata", a San Pietro di Stra, via Emilia a Paluello di Stra, continuando nella via Alture di Sambruson (tav. XXIX B), alla destra dell'attuale Riviera del Brenta, che ripropone il corso del Meduacus Maior. A Sambruson è stato rinvenuto nel 1887 un miliare senza indicazione della distanza, ma con il nome dell'imperatore Costantino78. Qui l'Annia incontrava un'altra importante arteria stradale, la via Popilia proveniente da Adria79 e, come precedentemente riportato, il Brenta si divideva in due rami. Sambruson era pertanto un importante nodo di comunicazioni strettamente connesso alla sfera commerciale di Patavium e identificato con la statio80 o mansio o mutatio81 Ad Doudecimum dell'Itinerarium Burdigalense e con la mansio Maio Meduaco della Tabula Peutingeriana (taw. XXV-XXVI)82.

Gli itinerari indicavano, proprio nell'attuale posizione geografica di Sambruson, due importanti tappe, l’itinerarium Burdigalense, una sorta di guida per i pellegrini diretti ai luoghi sacri nel percorso tra Milano e Aquileia, ricorda che a dodici miglia da Padova, ossia proprio a Sambruson, doveva esserci una mansio, come indicato dalla Tabula, o una mutatio, ossia una stazione per i cavalli. La Tabula Peutingeriana, l'importante carta del mondo antico conservata in copia medioevale, ma su modello originale romano, indica Sambruson come una delle tante stazioni stradali sul percorso da Rimini ad Altino. Tale strada seguiva il litorale adriatico, in stretto rapporto con gli scali della navigazione marittima ed endolagunare che costituiva uno degli aspetti caratterizzanti della nostra regione in epoca antica e uno dei fattori del suo sviluppo anche economico83.

Continuando il percorso della via Annia, la strada indicata dalla Tabula andava ad incontrare, dopo un cammino di sole tre miglia, la posta stradale di Ad Portum, l'odierna località di Porto Menai84, il cui toponimo potrebbe richiamare l'antica stazione (taw. XXV-XXVI). In realtà, gli studi del Prof. Poppi85 fanno ritenere che la località precisa si trovi subito a Sud di Piazza Vecchia nei pressi del bacino della attuale idrovia. La via che collegava Sambruson con Ad Portum della Tabula, doveva seguire il tracciato dell'attuale strada chiamata la "Stradona". L'indicazione Ad Portum fa pensare alla presenza di uno scalo fluviale sul corso maggiore del Brenta, presso l'uscita di questo fiume in laguna e collegato con una rotta diretta al porto marittimo, identificato con l'antica Malamocco86 (tav. XXIII). Verso Ovest, lo scalo fluviale era collegato direttamente con Padova. Dopo Porto Menai la via Annia si dirigeva verso Altinum orientandosi verso Nord-Est87 lungo il percorso della via "Orlanda" e attraversando il lembo sud-orientale dell'agro centuriato, in cui venne inclusa, senza avere tuttavia alcuna relazione con l'orientamento della centuriazione. (tav. XXI).

MANSIONES, MUTATIONES ET STATIONES

Esaminando gli itinerari antichi88, accanto alle denominazioni delle località conosciute e spesso ricordate da numerose fonti classiche, è possibile notare una notevole quantità di toponimi di differente derivazione e di numero decisamente superiore a quello dei centri principali. Sono questi i nomi che distinguevano le mansiones e le mutationes, site lungo i tratti stradali che congiungevano i grandi nuclei abitati e che si trovano scritti sulle carte itinerarie. Le più note e importanti per la ricostruzione della viabilità antica, sono l’itinerarium Antonini, l'Itinerarium Burdigalense, e la Tabula Peutingeriana.

L'esigenza di strutture adatte alla sosta e al riposo degli uomini e degli animali si dovette sentire fin dall'esistenza delle più antiche strade romane. Spesso la distanza che separava due civitates non permetteva al viaggiatore antico, dotato dei mezzi dell'epoca, di raggiungere la destinazione in un solo giorno. Per questo era obbligato a sostare durante la notte in aperta campagna e il clima rigido poteva costituire un problema reale; inoltre, soprattutto all'inizio della realizzazione del quadro viario romano, il viaggiatore percorreva zone talora impervie o prive di insediamenti, con tutti i pericoli che potevano derivarne. Per evitare questi problemi furono costruite le prime mansiones, che dovettero sorgere contemporaneamente alle strade che servivano.

Il significato di mansio trova la sua origine nel verbo manere di cui, soprattutto nell'antichità, doveva essere evidente il significato statico: rifugio sicuro durante la notte, sempre nello stesso posto, in modo che il viaggiatore, che percorreva spesso le stesse strade, potesse prenderlo come riferimento per passare la notte. Tutto era disposto affinché vi si trovasse quanto necessario per il riposo e lo svago, soprattutto in zone ove la stazione stradale costituiva l'unico ricovero notturno.

Come ci racconta Plinio, le mansiones erano disposte ad una giornata di viaggio l'una dall'altra tanto che la distanza di un tragitto veniva talvolta espressa citando il loro numero.

Molto simile alla mansio era la mutatio, la cui funzione consisteva esclusivamente nel fornire animali di ricambio ai messi o ai veicoli che viaggiavano per interessi di Stato. Il diritto di disporre di animali pubblici e fornirsi di rifornimenti era ottenuto mediante l'esibizione di un atto scritto detto diploma, la cui emissione era sotto diretto controllo imperiale e nel quale venivano specificate le modalità del viaggio.

Le mutationes, come le mansiones, erano situate lungo le principali vie di transito. Il numero delle prime, proprio per la loro funzione di soste intermedie, era sensibilmente maggiore rispetto alle seconde. Tra due mansiones si trovavano un numero di mutationes che variava in relazione alle difficoltà e alla lunghezza del percorso. Osservando le carte che riportano le diverse stazioni di posta, possiamo vedere come la distanza tra le poste stradali doveva essere inversamente proporzionale alla difficoltà della strada e, quindi, nei territori impervi risultava minore.

Le stazioni di cambio erano poste ad una distanza che variava dalle cinque miglia (due ore e mezza) alle dieci miglia (cinque ore). In realtà, nella disposizione delle poste, si teneva conto, oltre che della distanza massima percorribile da un animale da tiro senza eccessivo sforzo, particolarmente della presenza di corsi d'acqua o sorgenti.

Si potrebbe dedurre una precedenza cronologica della mansiones rispetto alla mutationes: queste ultime sarebbero sorte in seguito all'aumento sempre più intenso di viaggiatori civili e militari; il viaggio da una mansio all'altra parve eccessivo per uomini e animali e si crearono stazioni intermedie o mutationes. Il termine mutatio compare, infatti, in epoca piuttosto tarda, a  partire dal IV secolo d.C., in fonti come l’Itinerarium Burdigalense ed il codice Teodosiano.

Come rivela Hudemann, per la collocazione delle mansiones si teneva conto soprattutto della presenza di strade principali, incroci, punti di transito di importanti fiumi, scali fluviali, nonché della presenza di guarnigioni. Spesso, infatti, sorgevano in luoghi di notevole importanza logistica, sfruttando situazioni topograficamente già consolidate; molte strutture erano edificate in corrispondenza di luoghi abitati, che precedentemente erano attraversati da piste preromane.

Dal punto di vista architettonico le mansiones non dovevano differire eccessivamente dalle mutationes, fatta eccezione per la maggior ampiezza dovuta agli alloggi necessari al pernottamento, o per il lusso che potevano avere alcuni ambienti. Le più piccole mutationes, al contrario, sorgevano il più delle volte in aperta campagna o in zone povere e offrivano appena gli agi di un'osteria di poco pregio e stalle che ospitavano animali e mulattieri.

Meno concorde è l'opinione degli studiosi per quanto riguarda il valore della parola statio. Hudemann lo ritiene un termine generico impiegato per indicare sia la mansio sia la mutatio.

Statio sarebbe un termine di epoca più tarda facente parte della terminologia militare. Chevallier89, difatti, ritiene che il termine designasse un luogo di fermata provvisto di posti di guardia per la sorveglianza delle strade. Ciò sembra confermato da un passo di Svetonio.

Nella ricostruzione della vita movimentata e dell'attività spesso frenetica di questi centri,

ci aiutano anche preziose testimonianze di autori antichi, tra le quali le satire di Grazio, che si lamenta della conduzione di alcune stazioni stradali e ci informa della consuetudine degli incontri con donne pubbliche.

In ogni caso, i nomi mansio, statio e mutatio, che in origine avevano di certo significati specifici, finirono per confondersi tanto da venire spesso usati in senso improprio.

Nei pressi delle stazioni viarie sorgevano altri edifici, dai più lussuosi deversorium (il nostro hotel) e taberna (l'attuale ristorante), allo stabulum (bettola); le osterie migliori (tabernaé) si trovavano di solito vicine alle mansiones. Questi ambienti erano probabilmente affidati alla gestione di privati, che cercavano di renderli gradevoli con pitture e mosaici; la loro grandezza dipendeva dalla posizione e dall'importanza della strada che servivano e anche dall'attività commerciale delle zone adiacenti. Spesso le stazioni stradali sorgevano nei pressi di terme e vici popolosissimi ed attivi, che favorivano l'afflusso della clientela.

Le piante di alcune mansiones, ricostruite grazie agli scavi, hanno evidenziato più strutture tra loro collegate, che ricordano la pianta di una casa rurale e possono pertanto essere confusi con i resti di una villa rustica90.

Le mutationes, costruzioni più modeste, offrivano solo ampi vani detti stabula (stalle), adibiti al ricovero degli animali, e alloggiavano anche gli addetti alla stazione.

Questi ambienti, di un certo decoro o dimessi che fossero, erano contrassegnati da scritte di vario carattere augurale, o ancora, dal nome del proprietario dell'osteria o dal luogo dove esse si trovavano, oltre che dalla distanza della successiva sosta. Sono queste le denominazioni con cui vengono indicati negli itinerari antichi.


 

NOTE

 57   bosio 1984; bonomi 1987, pp. 206-211.

58   plinio, Naturalis Historìa, III, 120.

59 Per il Bosio (bosio 1984), invece, il Meduacus, appena fuori Padova, si divideva in due rami, i Meduaci duo di Plinio, il più settentrionale dei quali, il Meduacus Maior, passando leggermente più a Sud dell'attuale Piovevo-Naviglio del Brenta, attraversava Sambruson e sfociava in laguna presso Malamocco. Il ramo minore, il Meduacus Minar, si biforcava a sua volta vicino a Saonara e un ramo, il vero Minar, sfociava in laguna all'altezza di Lova.

60   rosada 1984a, pp. 22-35.

61    Oltre all'Annia e alla Popilia, a Patavium confluiva la via Emilia, mentre a nord della città passava la via Postumia.

62 Strada che collegava Bologna con Aquileia, attribuita a Lepido (strabone, V, 1, 11,217), che molto probabilmente passava per Padova e che anticipava di un quarantennio la via Popilia.

63 Le strade con questo nome erano due, delle quali una nell' Italia settentrionale e l'altra nell'Italia meridionale. Per quanto riguarda la prima, l'iscrizione trovata ad Adria, riportante il nome del console Publio Popillio Lenate, con l'indicazione del LXXXI miglio, convinse la maggior parte degli studiosi a vedere in Rimini il capolinea (degrassi 1962, La via Annia e la data della sua costruzione, in Scrìtti vari di antichità, II, Roma). Contro questa opinione altri come il Grilli (grilli 1979), credono invece che la via si sia staccata dall'Emilia a Forum Popilii (Forlimpopoli), località che richiama chiaramente nel nome il costruttore.

64 bosio L. 1991, Le strade romane della Venetia e dell'Histrìa, Padova, pp. 1 1-42, 59-82, 251-156 e bibliografia relativa, pp. 58-68.

65     DEGRASSI 1962; BOSIO 1990; PESAVENTO MATTIGLI 1986.

66 II Degrassi (degrassi 1962, p. 1033) e il Brusin (brusin 1949-50) ritengono che il console Popilio abbia costruito una strada che arrivava fino ad Adria (cfr. nota precedente) e che da qui, un anno dopo, il pretore Annio abbia prolungato tale strada fino a Padova e l'abbia condotta, per Aitino, ad Aquileia. Annio avrebbe pertanto legato il suo nome al prolungamento dell'opera di Popillio. La Gasparotto (gasparotto e. 1961, Patavium (Storia e monumenti: dalle origini al 601 d.C.), in Padova-Guida ai monumenti e alle opere d'arte, Venezia, p. 32), invece, pur accettando il percorso Adria- Padova- Aquileia attribuisce la costruzione al 153 a.C. Ciò è discutibile se si pensa ad una via Annia da Adria a Padova a cui vent'anni dopo viene ad aggiungersi il tratto proveniente da Rimini. Il Grilli (grilli 1979), della stessa idea della Gasparotto, pensa però ad un' Annia non legata alla Popilia.

67   bosio 1991, pp. 69-81.

68 MItinerarium Antonini (Imperatorìs Antonini Augusti Itineraria Provinciarum et Marìtimum) è un itinerarium scriptum, cioè un elenco di stazioni e centri stradali con le relative distanze ed è attribuito all'inizio del III secolo d.C. BOSIO 1991; malipiero 1984, Mansiones e Mutationes nella Venetia romana, in AV, p. 261.

69 L'Itinerarium Burdigalense (Itinerarium a Burdigala Hierusalem usque et ab Heraclea per Aulonam et per Urbem Romani Medionalumque usque) è anch'esso un itinerarium scriptum. Partendo da Burdigala (Bordeaux), esso descrive i percorsi da seguire per giungere in Terrasanta sino a Gerusalemme, segnando tutte le poste stradali e le locande incontrate lungo il percorso, nonché fornendo varie osservazioni storiche. La sua datazione risale alla prima metà del IV secolo d.C. (333 d.C.) e con molta probabilità fu compilato da un pellegrino di ritorno da una visita in Palestina. chevallier 1972, Geografia, archeologie e storia della Gallia Cisalpina; bosio 1991; malipiero 1984, p. 261.

70 La Tabula. Peutingeriana (Codex Vindobonensis 324, conservato a Vienna in Austria) descrive l'intero mondo conosciuto in epoca romana ed è uno dei due esemplari rimasti di itineraria pietà. Di dimensioni di circa 7 x 0,34 m, questa carta è una copia medievale di un originale risalente all'epoca romana; di parere diverso gli studiosi, che comunque collocano la sua realizzazione nel III o nel IV sec. d.C. Particolare attenzione è riservata alla rete stradale e ai centri più rilevanti. MALIPIERO 1984, p. 261.

71 La strada raggiungeva Padova seguendo la dirczione della attuale via 58° Fanteria, passando presso S.Giustina ed attraversando quindi l'odierno Prato della Valle. Poco prima della chiesa di S. Daniele la via andava ad inserirsi in quella proveniente da Bologna, continuando poi, unita a questa, per via Umberto 1 °, via Roma, via 8 Febbraio, ponte Altinate e via Altinate. La strada, che ricalcava un percorso paleoveneto, diventa la più importante nell'ambito del sistema viario urbano.

72    Come si vedrà di seguito le vie Annia e Popilia attraversavano l'attuale Sambruson.

73 gasparotto 1951; pesavento mattigli s. 1986, Le prime sette miglia della strada romana da Padova ad Aitino, in QdAV, 126-134.

74    Colonna miliare datata tra il 293 ed il 305 d. C. CIL, V, 8010.

75     PESAVENTO MATTIGLI 1986.

76 I numerosi interventi idraulici di età medievale e moderna rendono difficoltosa l'identificazione dei paleoalvei individuabili sulla base della cartografia e della geomorfologia. Cfr. bonomi 1987, p. 202-206.

77 Alcuni studiosi sostengono che un'altra strada da Padova andava ad Aitino lungo la riva sinistra del Meduacus Maior, con un percorso leggermente più lungo. L'esistenza di due percorsi è ipotizzata dalle testimonianze antiche anche lungo la sponda sinistra del fiume, ma soprattutto per il notevole volume di traffici che doveva svolgersi in epoca romana lungo questo ramo del Meduacus.

78 "Trovato a circa 1 km dalla parrocchiale di Sambruson, ...a sinistra del canale detto "Brenta secca", lungo la via per Gambarare, nell'aprile del 1887, a m 1 di profondità. Colonna in trachite euganea, più larga al sommoscapo ( h cm 125, ...), ...; esso presenta un piccolo incasso quadrato al centro della faccia superiore". Viene poi riportata l'iscrizione. Vedi BASSO P. 1986, / miliari della Venetia romana, in AV, Padova, pag. 164.

79    bosio l. 1970, Itinerari e strade della Venetia romana, Padova, p. 49 e BOSIO 1981a, p. 240; marchiori 1986, p. 145.

80   bonomi 1987, p. 205.

81 Per mansio pesavento mattigli 1986, p. 12 e per mutatio pesavento mattigli 2008, in occasione della serata organizzata su Sambruson romana il 30 settembre 2008, p. IX. Per i significati di mansio, statio e mutatio vedi paragrafo loro dedicato.

82   bosio 1991, pp. 58-68 e 69-81; malipiero 1984, pp. 261-268.

83    PESAVENTO MATTIGLI in occasione della serata organizzata su Sambruson romana il 30 settembre 2008, p. IX.

84 Da Porto Menai proviene una bella testa femminile, databile alla seconda metà del II sec. d.C., oggi esposta nella nuova sala dedicata alla via Annia presso i Musei Civici agli Eremitani di Padova - Museo Archeologico. Per una prima descrizione, cfr. E ghedini 1980, Sculture greche e romane del Museo Civico di Padova, Roma.

85 poppi 2008, In Sancto Ambrosone uomini ed eventi a Sambruson fra l'Alto Medioevo e il primo Ottocento, Associazione culturale "Sambruson la nostra storia", Noventa Padovana (Padova).

86   bosio 1981a, p. 240; dorico 1983,1, p. 190 ss.; marchiori 1986, pp. 142-146.

87   Cfr. dorico 1983,1, figg. 25-27; bosio 1970 e bosio 1981a e b; marchiori 1986, figg. 2-5.

88   malipiero 1984, pp. 261-268.

89    CHEVALLIER 1972

90 Per le villae romana vedi mengotti C. 1984c, Le villae, in Misurare la terra: centuriazione e coloni nel mondo romano, Modena, pp. 163-164. Vedi anche DENTI 1991, I Romani a Nord del Po. Archeologia e cultura in età repubblicana e augustea, Milano.

91 capuis l. et alii 1984a, b, e (capuis l., leonardi e., pesavento mattigli s., rosada g.), Carta archeologica del Veneto, I, II, III, Modena. Per quanto riguarda in modo specifico il paese di Sambruson, esso è indicato sulla carta alle pp. 34-35 in capuis et alii 1994d, con un pallino rosso piccolo, che corrisponde ad un "ritrovamento sporadico, dall'oggetto singolo ai materiali quantitativamente insufficienti per definire la qualità del sito. In realtà il materiale si dimostra in quantità sufficiente per poter fare delle ipotesi. Il motivo per cui è stato inserito nel gruppo dei materiali di quantità insufficiente è che solo una parte dei reperti, quella di maggior valore, viene menzionata nella sezione dedicata ai vari siti, dove sono elencati i tipi di reperti rinvenuti. Di questo argomento se ne parlerà in seguito nel presente paragrafo.

92 In mavian, PASQUALIN, dalla pietà 1987, Sambruson è indicata sulla cartina delle zone archeologiche del Veneto, ma non vengono forniti ulteriori dati.

93 Regione del Veneto 1985. Anche in questo caso Sambruson viene indicata su una cartina del Veneto quale sito storico, ma non vengono forniti altri dati. Cfr. foglio n. 127, sito n. 114.

 

Ultimo aggiornamento (Lunedì 25 Giugno 2012 15:50)

 

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